"Il trend per cui si era osservato negli ultimi anni un costante miglioramento e la diminuzione della quantità di residui chimici rilevati nell’ortofrutta in vendita nei nostri mercati sembra purtroppo si sia arrestato e in questa edizione di Pesticidi nel piatto, che rappresenta il quadro delle analisi compiute nel corso del 2008, presentiamo dati in peggioramento rispetto allo scorso anno o, nel migliore dei casi, simili a quelli dell’anno precedente."
Così Legambiente introduce l’edizione 2009 del rapporto annuale che raccoglie ed elabora le analisi fatte dalle Arpa, Asl e laboratori zooprofilattici su frutta, verdura, olii e vini, ovvero prodotti ortofrutticoli e derivati.
Il dossier è stato presentato a Roma, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, Francesco Ferrante, responsabile Agricoltura dell’associazione, Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del cittadino e Francesco Panella, presidente UNAApi (associazione nazionale apicoltori).
Tra le note più significative la diminuzione dei controlli - quasi 1300 in meno le analisi fatte rispetto all’anno scorso - e l'aumento tra i campioni analizzati di quelli irregolari per concentrazioni troppo elevate di residui di agrofarmaci.
Complessivamente le analisi svolte dai laboratori pubblici provinciali e regionali hanno preso in considerazione 8764 campioni, di cui 109 sono risultati irregolari, pari all’1,2 per cento del totale, in leggero aumento rispetto al 2008 (1 per cento), mentre su 2410 (il 27,5 per cento) è stata rilevata la presenza di uno o più residui.
Aumenta rispetto all’anno precedente anche la percentuale di campioni con uno o più residui nei prodotti derivati (19,5%) e nelle verdure (16,3%).
“Gli ultimi dati Istat - ha dichiarato Rossella Muroni - ci dicono che già nel 2007 la quantità totale dei fitosanitari distribuiti per uso agricolo in Italia era aumentata del 3% rispetto al 2006, passando da 148,9 a 153,4 mila tonnellate. Un dato questo, abbastanza preoccupante, perché sembra indicare che lo sforzo sinora sostenuto dall’agricoltura italiana per offrire ai consumatori prodotti sempre più sani e per ridurre l’inquinamento abbia subito uno stop”.
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